La Terra piatta e Aristotele (parte I)

Terra Piatta

La Terra piatta ieri oggi e domani (?)

La Terra piatta è una storia che parte dall’antichità per arrivare al XX secolo e oltre…
Per approfondire questo (fanta) concetto, più o meno scientifico, facciamoci aiutare da Wikipedia. Le parti del testo in rosso sono farina del scacco della madre di tutte le  enciclopedie on line, tratte dalla pagina https://it.wikipedia.org/wiki/Terra_piatta

La nozione di Terra piatta consiste nell’idea che la superficie della Terra sia piatta anziché geoidale.  La credenza in una Terra piatta si trova nei più antichi scritti dell’umanità. Nella cosmografia mesopotamica il mondo abitato sembra essere un disco piatto circondato dall’oceano e questa concezione influenzò Omero ed Esiodo e fu la premessa per le prime mappe greche, come quelle di Anassimandro ed Ecateo di Mileto.

Si tratta di una ben strana cosmogonia…

I colori della Luna at Cosmogonie

Nell’antica Cina la principale credenza era che la Terra fosse piatta e quadrata e i cieli fossero una sfera che l’avvolgesse, ipotesi che è rimasta fondamentalmente indiscussa fino all’introduzione dell’astronomia europea a opera dei gesuiti Matteo Ricci e Johann Schreck nel XVII secolo.

La concezione cosmologica prevalente anticamente in India era che la Terra consistesse di quattro continenti disposti, come i petali di un fiore, intorno ad una montagna centrale, il monte Meru; il tutto circondato da un grande oceano. Concetti analoghi compaiono anche in fonti iraniche, come il Bundaishn. Questa visione venne ripresa anche nella cosmologia buddhista, secondo la quale il mondo era un grande disco piatto coperto da un oceano e circondato da montagne: i continenti erano disposti in questo oceano intorno ad un’immensa montagna centrale, il monte Meru. Inoltre si credeva che esistessero infiniti mondi di questo tipo, e che il nostro fosse solo uno tra i tanti. Durante il periodo vedico (nel testo Shatapatha Brahmana, risalente al VI secolo a.C. circa), l’idea di una Terra sferica appare in India. La si ritrova anche nel testo vedico Aitareya Brahmana, composto circa nello stesso periodo, e in un posteriore commentario sanscrito, il Vishnu Purana.

Quindi cosmologia e genesi dell’Universo in difficoltà…

Genesi Universo tutta la storia

La principale difficoltà delle cosmografie con la Terra piatta è costituita dalla descrizione del moto del Sole. Dove scompare il Sole la sera e come fa a ricomparire la mattina seguente all’altro estremo dell’orizzonte? Il percorso notturno della barca del Sole al di sopra del firmamento (costituito dal corpo della dea Nut) compare in molti affreschi egizi. Nel mondo indo-iranico, invece, la soluzione consisteva nel collocare al centro della Terra l’altissimo monte Meru, che faceva da perno a tutta la volta celeste: intorno ad esso giravano il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle. L’alternarsi del giorno e la notte era spiegato con l’occultamento del Sole da parte del monte Meru. La credenza in un alto monte, posto a nord sotto la stella polare e sede divina compare in molte culture antiche.

La teoria che la Terra sia piatta sembra sposarsi molto bene con la convinzione che il cielo sia una cupola solida trasparente. Alcuni studiosi anticlericali della prima metà dell’Ottocento diffusero perciò l’idea che sin dall’antichità fino ai tempi di Cristoforo Colombo fosse prevalente l’idea che il cielo fosse una cupola metallica. In realtà l’idea sembra assente dalla cosmografia mesopotamica e anche da quella biblica.

In Grecia: nella cosmografia primitiva non era chiaro su cosa poggiasse la Terra: galleggiava nell’oceano o si appoggiava su misteriose colonne sottostanti? E se questa ipotesi fosse stata giusta, queste colonne dove si appoggiavano a loro volta? Anassimandro, quindi, concepì la Terra come un corto cilindro galleggiante nello spazio, evidenziando la possibile presenza di una seconda superficie terrestre sottostante e speculare. L’idea influenzò gli sviluppi successivi soprattutto perché introdusse il concetto di “antipodi”, l’opinione cioè che potesse esistere un altro mondo, i cui abitanti, detti antipodi, vivevano “a testa in giù”. Da un lato Anassimandro introdusse una simmetria fra “su” e “giù”, che troverà la sua generalizzazione nel concetto di Terra sferica, ma dall’altro l’esistenza o meno degli antipodi turbò scienziati e filosofi per quasi due millenni. Il mondo degli antipodi, separato dal nostro dalle pareti del cilindro, rimase irraggiungibile anche dopo che fu introdotta l’idea della sfericità della Terra: nell’antichità, infatti, la fascia equatoriale era ritenuta troppo torrida per essere attraversata.
La sfericità della Terra sembra essere stata proposta per la prima volta nel VI-V secolo a.C. da Pitagora, un discepolo di Anassimandro, o da Parmenide, un filosofo vissuto pochi decenni dopo Pitagora. Dopo il diffondersi della convinzione che la Terra è rotonda, il concetto di una Terra piatta sopravvisse stentatamente sino ai tempi moderni solo presso letterati o personaggi culturalmente marginali. L’opinione che nel Medioevo si credesse che la Terra fosse piatta è entrata nell’immaginario collettivo solo nel XIX secolo, frutto dei preconcetti positivisti sui cosiddetti “secoli bui” del Medioevo.

La concezione di una Terra sferica nacque per la prima volta in Grecia durante l’antichità classica. É significativo che l’idea sia sorta in Grecia, la cui latitudine è sensibilmente maggiore di quella, approssimativamente uguale, dei centri in cui si era sviluppata l’astronomia osservativa egiziana e mesopotamica. Probabilmente l’idea dovette essere elaborata dalla constatazione che l’altezza sull’orizzonte delle stelle misurata in Grecia era sistematicamente minore di quella rilevata dagli astronomi babilonesi ed egizi.
Il primo a proporre la sfericità della Terra sembra sia stato Pitagora (VI secolo a.C.), che si era recato per motivi di studio sia a Babilonia sia in Egitto. Apparentemente, però, egli si sarebbe basato su canoni estetici e sull’osservazione della sfericità degli altri corpi celesti. Questa opinione, tuttavia, sembra in contraddizione con il fatto che la maggioranza dei pitagorici avrebbe ritenuto la Terra piatta. Aristotele, invece, è il primo che fornisce nel De coelo le prove osservative della sfericità della Terra.

Una facile conferma la si può ritrovare  osservando un’eclisse di Luna, per esempio…

Eclisse di Luna in penombra con smartphone

Lucrezio (I secolo a.C.) si oppose al concetto di Terra sferica perché egli considerava l’idea degli antipodi assurda, ma nel I secolo Plinio il Vecchio dichiarava che tutti nel mondo erano d’accordo che la Terra fosse sferica (Naturalis historia, II.64) sebbene continuassero le dispute sulla natura degli antipodi e su come fosse possibile che la superficie dell’oceano fosse curva. Curiosamente Plinio il Vecchio considerò come teoria intermedia, che la Terra non fosse una sfera perfetta bensì modellata a forma di pigna (Naturalis historia, II.65).

Aristostele spiega l’Universo
Con Platone e Aristotele il sapere si cristallizza e rimarrà immobile sino ai tempi di Copernico. Il primo teorizzava che la forma del mondo fosse sferica e che ciascun movimento dovesse essere circolare ed effettuarsi in cerchi perfetti ed a velocità costante. La forma sferica era perfetta in
quanto completamente omogenea dal centro verso gli estremi e, secondo Platone, l’omogeneo era infinitamente più bello del disuguale. Nell’opera di Platone non esisteva una netta distinzione fra metafora e realtà. Ogni dubbio venne quindi dissipato da Aristotele. Con la sua opera si bloccano gli sviluppi portati avanti dai filosofi precedenti: per esempio gli atomisti avevano postulato un universo infinito. Aristotele, invece, riporta il nostro pianeta al centro dell’Universo ed immobile.

La Terra era circondata da nove sfere trasparenti e concentriche, chiuse l’una sull’altra. La sfera più vicina a noi era quella della Luna. Seguivano poi quelle dei pianeti (inframmezzate da quella del Sole) e poi l’universo aristotelico si chiudeva con la sfera delle stelle fisse e, infine, vi era quella del primo motore, che faceva muovere e l’intero creato, ovvero Dio.
Un motore immobile che governava il creato dall’esterno. Questo spostamento della dimora divina faceva sì che la Terra diventasse a questo punto il luogo del Creato più lontano da Dio e quindi il più corrotto. Qui si rendeva possibile ogni sorta di cambiamento: le sfere celesti erano invece perfette e incorruttibili. Questa visione di un mondo diviso in due parti, una corruttibile e una perfetta avrebbe consentito alla teoria aristotelica di assumere una posizione predominante nella cosmologia e nella religione sia nell’epoca antica che in quella medievale.
Anzitutto, l’idea che Dio governasse il mondo ben si adattava alle parole della Bibbia e alla visione cristiana del mondo, senza dimenticare che, in un’epoca dominata dall’incertezza come quella medievale, era rassicurante pesare ad un universo perfetto ed immutabile. Il mutabile e ciò che non cambiava potevano essere anche colti con uno sguardo d’insieme. La divisione dell’Universo trovava la propria base anche nella presenza di materia diversa e nei movimenti distinti che si svolgevano nelle due parti del creato. Nel mondo sublunare, la materia stessa si formava per la continua combinazione di quattro elementi diversi: terra, acqua, aria e fuoco. Questi materiali erano, a loro volta, la combinazione di due coppie di opposti: il caldo e il freddo, il secco e l’umido, la cui natura li portava a spostarsi in linea retta: la terra dall’alto verso il basso, mentre il movimento dell’acqua e dell’aria era orizzontale.
La sfera sublunare era completamente riempita dall’atmosfera la cui parte più alta è, a sua volta, formata da una materia capace di infiammarsi e di produrre comete e meteore. Superata la sfera sublunare inizia il regno dell’immutabile. I quattro elementi terrestri spariscono per lasciare il posto ad un quinto, immutabile e puro, la cui purezza aumenta sempre più, mano a mano che ci si allontanava dal nostro pianeta. Il movimento di questo quinto elemento era, naturalmente, in netta antitesi con quello rettilineo dei quattro elementi terrestri e, quindi, il movimento circolare dominava le sfere poste al di là di quella lunare. Il mondo era così chiuso in una visione, all’interno della quale dominavano l’immobilità e la perfezione. Solo dopo duemila anni, questo meccanismo perfetto sarebbe stato scardinato.
L’universo di Aristotele si reggeva sulle sfere concentriche che ruotavano intorno alla Terra che ne costituiva il centro. Ed il sistema di sfere, su cui si muoveva l’intero universo, era stato teorizzato da Eudosso, allievo di Platone e brillante matematico. Al di là delle dichiarazioni di principio sulla circolarità e perfezione del movimento delle sfere, il moto dei pianeti, della Luna e del Sole si mostrò subito poco riluttante ad aderire alla visione cosmologica delle sfere in perenne movimento. I pianeti, infatti, mostravano stazioni e regressioni, ossia il loro moto apparente sulla volta celeste sembrava fermarsi e ripartire. Il compito degli studiosi di astronomia era dunque di mostrare come tali irregolarità rientrassero comunque in una logica di perfezione suprema. Di ciò si occupò Eudosso, la cui opera fu poi portata avanti dal suo discepolo Calippo. Eudosso assegnò a ciascun pianeta non una, ma diverse sfere su cui ruotare intorno alla Terra. Ciascun pianeta, in particolare, era fissato su un punto dell’equatore di una sfera che girava intorno al proprio asse. Questa sfera penetrava in una concentrica più grande che, a sua volta, entrava in una sfera ancor più grande. Questo complicatissimo sistema faceva sì che il pianeta partecipasse a tutte le rotazioni indipendenti delle sfere che costituivano una sorta di ‘nido’ e che il suo moto le facesse girare ad alta velocità. Le sfere erano tre per il Sole e la Luna, ma diventavano quattro per spiegare i movimenti più complicati dei cinque pianeti. Quando si parla del cosmo aristotelico dominato da nove sfere, in realtà, si compie una grande approssimazione. Le sfere, infatti, erano addirittura 56.
La grande difficoltà insita nella visione dell’universo aristotelico era di trovare un collegamento meccanico fra tutte le sfere, mentre, al contempo, nessun movimento delle sfere di un pianeta doveva trasmettersi alle altre. Aristotele risolse il problema con la previsioni di sfere ‘neutralizzanti’ che si muovevano in direzione opposta rispetto alle sfere agenti, fra due gruppi di sfere successivi. Un altro problema rimaneva però irrisolto. Se ogni sfera prendeva parte al movimento di quella che la comprendeva, necessitava di una forza speciale per la sua rotazione intorno la proprio asse e ciò rendeva necessaria la presenza di 55 motori non mossi per rendere l’intero sistema funzionante.
La visione di Aristotele verrà poi ripresa e perfezionata da Tolomeo.
(continua)

Photo by Luigi Viazzo with Huawei P8 Lite

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