Magia e astronomia, rapporto difficile?

magiaMagia, astronomia e dintorni… 

Magia e stelle: l’identificazione fra uomo e universo, quindi fra macrocosmo e microcosmo affonda le proprie radici nel pensiero platonico. Nel Timeo il filosofo greco indicò infatti uno stretto parallelismo fra il corpo umano e l’universo. Lo scheletro era paragonato alla Terra, il sangue all’acqua, l’apparato respiratorio all’aria e la testa al fuoco. La sfericità del cranio, sede dell’intelletto e dell’anima, era sferico. E la sfera era rappresentava per i platonici e gli aristotelici la forma perfetta.

Magia, astronomia e post Medio Evo 

Dopo il periodo medievale, l’analogia fra uomo e cosmo tornò in auge nel periodo rinascimentale. L’universo fisico fu considerato un essere vivente, una creatura animale che ne comprendeva al suo interno altri, quali i corpi celesti. Su questi vivevano altre creature animali, tra cui l’uomo.

Il nostro pianeta era considerato una grande essere vivente: le piante erano i suoi peli, le foreste i capelli, il legno le ossa, i fiumi sotterranei il sangue, mentre le miniere e le caverne erano paragonate alle cavità uterine da cui sbocciavano gemme e cristalli.

Da questo stretto rapporto fra microcosmo e macrocosmo nasceva la possibilità di compiere azioni  a distanza. Maghi e stregoni (con annessa magia) ritenevano che i fenomeni magnetici confermassero questo principio. Da queste teorie prese piede la medicina astrale. Il corpo umano era considerato, infatti, una grande mappa cosmica, in cui ogni singolo organo corrispondesse a un segno dello Zodiaco.

Anche il nostro Sistema Solare fu spesso rappresentato come un grande essere vivente, dotato di magia. Sulla sua testa brillava il Sole, nella mano sinistra la Luna, e in quella destra Giove. Venere, era posto sul torace, al posto del cuore essendo il pianeta dell’amore, mentre sulla vita si trovava Marte, il pianeta della guerra. Mercurio, il veloce messaggero degli dei, stava sulle ginocchia, mentre sulle caviglie trovava posto Saturno, il pianeta più distante dal Sole.

Magia, astronomia e Giordano Bruno

In questa terra di mezzo fra micro e macrocosmo, fra finito e infinito, magia e scienza, in un certo senso, si inserisce la figura di Giordano Bruno, tra i personaggi più celebri, nella storia della filosofia, il frate domenicano nato a Nola nel 1548. Nel 1563 vestì l’abito e iniziò a studiare i classici, ma anche i filosofi e gli studiosi moderni tra cui Nicolò Copernico. Nella sua opera “De la causa, Principio e Uno”, pubblicato in Inghilterra nel 1583, esprime il proprio concetto di universo con asserzioni rivoluzionarie, su ciò che è definito e ciò che, viceversa, è infinito. In particolare, teorizza la coincidenza di tutte le cose con l’infinito, del centro con la periferia, della parte con il tutto. Teorie capaci di sconvolgere tutta la metafisica scolastica, ponendo le basi della “rivoluzione copernicana” dell’uomo moderno. Più in dettaglio, non esisteva, secondo Bruno, l’ultima sfera del mondo che racchiudeva dentro di sé il cosmo. Le stelle erano in numero infinito e si disponevano nello spazio in tutte le direzioni. Esisteva una pluralità di mondi simili al nostro. Attorno alle stelle orbitavano altri sistemi planetari con mondi abitabili ed abitati. Esistevano, quindi, altri esseri senzienti e razionali, magari anche più evoluti del genere umano. Lo spazio interstellare era vuoto: esitavano quindi la materia ed il vuoto. La teoria cosmologica di Bruno si ricollegava alla prospettiva immanentistica dell’universo. Un universo infinito reso possibile da un dio infinito. Le sue teorie gli valsero l’accusa di eresia da parte della Sacra Inquisizione. Fu arrestato e sottoposto a processo dall’Inquisizione veneziana nel 1592. L’anno dopo venne accettata la richiesta dell’Inquisizione romana. Il processo contro Bruno durò per sette anni. La condanna arrivò nel 1599 e, il 21 dicembre di quell’anno, scadde il termine dei 40 giorni prescritto per chi volesse pentirsi. Bruno però non si pentì e così, il 17 febbraio dell’anno successivo, il frate dominicano veniva arso sul rogo in piazza dei Fiori a Roma.

La sua adesione alle teorie di Copernico si può notare, in particolare, nell’opera “La cena delle ceneri” pubblicata nel 1584. Al centro del nostro sistema planetario, anche secondo Bruno, si trovava il Sole, circondato dai pianeti che gli orbitavano attorno.

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