Santo Chiodo da Torno alle Stelle

Santo ChiodoSanto Chiodo: Stelle, mito e religione

Santo Chiodo quando religione, mitologia e astronomia sono spesso state legate a filo doppio nella storia dell’umanità. Vediamo come.

C’era una volta

Gli astronomi mesopotamici, per esempio, erano depositari, grazie all’osservazione celeste, dei destini religiosi e politici del loro paese.
I rapporti fra gli dei dell’Olimpo e le principali costellazioni è testimoniato dalle bellissime leggende greche che ancora oggi popolano l’immaginario collettivo dei popoli europei.
Anche la religione cattolica ha naturalmente avuto rapporti stretti con lo studio degli astri, basti pensare l’identificazione della Vergine Maria con il pianeta Venere – il fulgente astro dell’alba e del tramonto – o le numerose chiese il cui ingresso era orientato verso il punto cardinale est, in direzione del sorgere del Sole.

La Cristianizzazione del Cosmo

Numerosi furono anche i tentativi di “cristianizzare” il cosmo, sostituendo le figure care ai Greci con personaggi protagonisti delle Sacre Scritture e qui già, in qualche modo, si trovano dei riferimenti al Santo Chiodo.
Tra i primi “evangelizzatori” va segnalato il Venerabile Beda, teologo vissuto fra il VII e l’VIII secolo dopo Cristo, passato alla storia per le sue teorie sulla sfericità della Terra. Secondo Beda era infatti pura follia postulare l’esistenza degli Antipodi, i cui abitanti sarebbero stati costretti a camminare a testa in giù.

Un altro “biblista stellare” fu l’astronomo e cartografo celeste tedesco Julius Schiller che, nel 1627, pubblicò un atlante, dove l’Ariete diventava San Pietro, il Toro Sant’Andrea, la Lira la Mangiatoia di Gesù, Cassiopea Maria Maddalena, Deborah o Betsabea – la moglie di Davide, il Cratere, l’arca del Testamento, Ercole i tre Re Magi – il cui lungo cammino ricordava evidentemente le 12 fatiche dell’eroe greco, Andromeda il sepolcro di Cristo, la Lepre il vello di Gedeone e Pegaso, pur mantenendo le ali, si trasformava nell’arcangelo Gabriele.

Lo studioso teutonico si occupò anche del cielo australe e così l’Idra Maschio fu trasformato nell’Arcangelo Raffaele, l’Indo e il Pavone nel Patriarca Giobbe, la Mosca, l’Uccello del Paradiso e il Camaleonte, nella madre Eva – capostipite del genere umano, Fenice e Gru, nel il gran sacerdote Aronne, Dorado e Volante in Abele il Giusto.

Altre due costellazioni del cielo boreale subirono una trasformazione molto interessante: il Cigno diventò la Croce del Calvario, la Croce di Cristo o la Croce di Sant’Elena, mentre la Freccia, la lancia scagliata contro il costato di Gesù o il chiodo utilizzato per la crocifissione del Redentore.

Back to Lario

Questi due oggetti cari ai credenti della religione cattolica, sono anche al centro di una vicenda svolta novecento anni orsono nel Lario, in occasione di uno dei più grandi avvenimenti storici del medio evo.

Se il 1999 era stato ricordato dagli astronomi come l’anno dell’eclisse totale di Sole visibile in Europa, per gli storici richiamava un’altra importante ricorrenza: i novecento anni dallo svolgimento della prima Crociata alla volta della Palestina, per liberare il Santo Sepolcro.

E proprio nel lontano 1099, un chiodo della Croce di Gesù approdò sulle sponde del Lario, per la precisione a Torno. Ma la storia ebbe inizio molto lontano, proprio nel Medio Oriente. Un arcivescovo germanico che aveva preso parte alla prima Crociata, dopo la presa di Gerusalemme, era entrato in possesso della Sacra Reliquia (il nostro Santo Chiodo).

L’arcivescovo – detto alemanno per le sue origini teutoniche – recuperò anche i resti – per la precisione l’osso di una gamba – di un piccolo innocente fatto uccidere da re Erode, al tempo della nascita di Gesù. Il presule fece tappa a Como nel viaggio di ritorno verso le sue terre, dopo aver attraversato l’Italia, con l’intenzione di risalire in barca il Lario. Da qui avrebbe dapprima raggiunto l’Engadina e poi la Germania.

A Como, in particolare…

A Como erano però in corso tumulti, legati alla lotta fra due fazioni cittadine: una che appoggiava il vescovo ordinato dalla Santa Sede, mentre l’altra sponsorizzava il vescovo simoniaco, eletto da Enrico IV, l’antagonista del papato divenuto celebre per la sua richiesta di perdono a Canossa.

Il vescovo germanico, con i suoi uomini, si recò così a Torno, allora borgo fiorente quanto Como, per trascorrere la notte al sicuro e lontano da eventuali pericoli. Il mattino seguente riprese la navigazione, ma subito si alzò una forte tempesta che lo obbligò a rimandare la partenza.

Tornata la bonaccia, ripeté il tentativo, ma immediatamente si scatenò un’altra bufera. Probabilmente il vescovo si era imbattuto nel caratteristico forte vento che soffia ad intermittenza e rende estremamente difficoltosa la navigazione sulle acque del Lario. I suoi tentativi di prendere il largo si susseguirono, ma tutti invano. L’arcivescovo scorse, allora, in questi avvenimenti un preciso segnale divino che lo invitava a lasciare in paese le reliquie di cui era entrato in possesso in Terra Santa.

Per sempre a Torno?

Così il Santo Chiodo e le reliquie dei Santissimi Innocenti vennero lasciate in paese al termine di una cerimonia solenne alla quale partecipò tutta la popolazione di Torno. Le reliquie, secondo recenti ricerche storiche, non sarebbero state depositate nella Chiesa di San Giovanni – dove si trovano attualmente – ma nella Chiesa di Santa Croce, che si trovava nell’odierna piazza Caronti. Furono trasferite nell’attuale sede solo nel 15° secolo.

L’autenticità del Santo Chiodo sarebbe stata confermata da documenti scritti andati perduti durante il sacco di Torno del 1522.

Le testimonianze sulla reliquia tornasca, prima di quella data, sono solo orali. La sua presenza in paese è stata però confermata dalla storia della famiglia Rusca – l’attuale dinastia comasca dei Rusconi – del 1677, scritta da Domenico Rusca, frate cistercense. Il religioso narra di un suo antenato, Lamberto Rusca, che, nel 1126, prima della battaglia vittoriosa contro gli abitanti l’Isola Comacina, si era recato Torno per chiedere la protezione del Santo Chiodo. E’ curioso sapere che il borgo di Torno era alleato dell’isola e quindi fu sconfitto nella battaglia.

Il furto

Il Santo Chiodo fu trafugato ad opera di un soldato di ventura di origini bergamasche, in occasione del sacco di Torno perpetrato dai Comaschi. Grandi sciagure si abbatterono, però,  dopo il furto sul ladro e sua famiglia. Convinto che tali disgrazie dipendessero dall’illecito possesso delle reliquie, il soldato le riportò immediatamente a Torno.

I tornaschi decisero, da allora, di chiuderle in un grande cassone, fissato dietro l’altar maggiore della Chiesa di San Giovanni, e dotato di sette serrature, le cui chiavi furono affidate in custodia a sei famiglie, scelte fra le più antiche del paese. Una era invece conservata dal parroco di Torno. Le reliquie vengono esposte, ogni anno in occasione delle più importanti ricorrenze, alla venerazione dei credenti.

By Calendario della Luna Verde

Photo by Luigi Viazzo with Samsung Galaxy SIII

InTouring – Puntata 01 – Torno (Co)