Il Leone in cielo storie e mito

Il LeoneIl Leone la Belva di Nemea

Il Leone e… Molti miti celesti e leggende aleggiano intorno alla figura di questo animale, che rappresenta al contempo fierezza e ferocia ed è considerato il re degli animali. Il mito più conosciuto narra che nella costellazione del Leone era raffigurata la prima vittima delle celeberrime dodici fatiche di Ercole, la belva di Nemea. Questo gigantesco felino aveva origini incerte: la sua maternità era stata attribuita ad Echidna, a sua figlia Chimera ed alla Dea Selene (o Luna), mentre la paternità era contesa fra Tifone ed Otro. Qualunque fosse il suo albero genealogico, la belva imperversava nella foresta che circondava la città greca di Nemea e viveva in una grotta sul monte Treto. Dal suo antro, che aveva due ingressi, partiva per le sue missioni omicide, che avevano orami decimato la popolazione della zona.

Ercole la affrontò e le scagliò contro una delle sue frecce, ma questa rimbalzò, poiché la sua pelle era invulnerabile a qualsiasi arma. L’eroe, allora,  fece roteare la sua clava con una tale forza, che il Leone si spaventò e riparò nel suo rifugio. Eracle la inseguì e chiuse una delle due entrate. Poi si recò all’altra uscita ed affrontò la belva, e, vista la sua invulnerabilità alle armi, le girò intorno al suo collo il suo braccio. Nonostante il Leone si dibattesse con grande forza, riuscì però a soffocarlo.

Poi scuoiò la pelle della belva, coi suoi stessi artigli, e la indossò, trasformandola nel mantello di un’invulnerabile armatura, usandone la testa del Leone come elmo. Questa particolare armatura verrà utilizzata dall’eroe nel corso del suo corpo a corpo con Cerbero citato anche da Dante nella Divina Commedia. Nel tragico giorno della sua morte, poi, l’eroe si stese sulla pelle della belva di Nemea, prima di essere inghiottito dalle fiamme della sua pira funeraria. Secondo una variante della leggenda, fu Giunone, grande antagonista dell’eroe greco a ordinargli di andare a caccia della belva, nella segreta speranza che non riuscisse a portare a termine l’impresa. Quando, però, lo vide con l’enorme pelle del Leone, fu talmente ammirata dal coraggio del suo figlioccio che lo incaricò  di andare di città in città a narrare la propria impresa.

Secondo alcuni studiosi, la costellazione rappresenterebbe il leone della tragica storia degli amanti Piramo e Tisbe, narrata nelle Metamorfosi dal poeta romano Ovidio. I genitori dei due giovani erano contrari al loro amore. Così, i due giovani, si diedero un giorno appuntamento per incontrarsi fuori città presso un certo albero di gelso ricoperto di more bianche. Quando Tisbe arrivò, però, Piramo non c’era. Mentre spettava l’amato, fu assalita da un leone, che grondava del sangue di una vittima. La giovane allora fuggì, lasciando dietro a sé il suo velo, che fluttuò nell’aria finché fu afferrato dalla zampa insanguinata del felino. Poco dopo arrivò Piramo, e, quando vide il suo velo insanguinato fra le grinfie della belva, credette che la sua amata fosse stata divorata. Preso dall’angoscia, si uccise con la propria spada, proprio nell’istante in cui stava per sopraggiungere Tisbe. Ella allora si gettò sul corpo di Piramo, nell’inutile tentativo di fermarlo. Quando, poi, vide che il suo corpo era senza vita, affondò nel suo corpo la spada insanguinata, togliendosi a sua volta la vita. I fiotti di sangue dei due innamorati schizzarono sulle vicine more del gelso, che da bianche divennero rosse. Secondo alcuni mitografi il vicino asterismo della Chioma di Berenice, rappresenterebbe il velo di Tisbe che fluttua verso il leone fatale.

Per i Romani, quelli della oggi città dei Santi Pietro e Paolo, il Leone aveva i seguenti appellativi: il nemeo il terrore di Nemea, l’erculeo, l’astro erculeo e infine il mostro di Nemea.

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La Costellazione del Leone