Nastro di Moebius e anelli nello spazio

Nastro di Moebius

Nastro di Moebius e Urano il primo pianeta moderno: uno smeraldo in cielo

Nastro di Moebius e Urano: una figura geometrica affascinante e sfuggente e il primo pianeta moderno, uno smeraldo in cielo. Quali i rapporti?
Premesso che quando pensiamo a un pianeta circondato dagli anelli la nostra mente vola subito a  Saturno, va detto che tutti i pianeti del sistema solare esterno (oltre al già citato Saturno, Giove, Urano e Nettuno) hanno un proprio sistema di anelli. Solo che quelli di Saturno sono i più estesi, quindi riflettono una maggiore quantità di luce e di conseguenza sono i più visibili (al di là delle diverse distanze da noi e dal Sole).
Aggiunto, poi, che questi anelli (o meglio sistemi di anelli) sono formati da giaccio e roccia in rotazione attorno a questo colossi di gas (si va dal diametro di Nettuno pari a 49.000 km circa a quello di Giove – 144.000 km ca), proviamo per un attimo a chiudere gli occhi: immaginiamo di viaggiare lungo questi colossali sistemi che, di fatto, sono tanti piccoli satelliti in rotazione attorno al pianeta e ci sembrerà di percorrere un lunga autostrada sempre rettilinea, quasi una linea, quasi un… nastro: un viaggio, quasi, su una sola dimensione, invece che nelle due di Flatlandia…

Flatlandia ed antichi Egizi

Allora riapriamo gli occhi e vediamo la storia di Urano e del nastro di Moebius.

Anello di Moebius e Nodo Gordiano

Per quest’ultimo ci affidiamo a un estratto dalle pagine della Madre di Tutte le Biblioteche on line: Wikipedia (i testi sono in rosso) https://it.wikipedia.org/wiki/Nastro_di_M%C3%B6bius

Urano: tutta  la Storia
Sin dall’alba dell’umanità vi furono uomini che, alzando lo sguardo in direzione del firmamento,
videro la debole luce emanata dal settimo pianeta del nostro sistema solare. ciò accadde in quanto Urano raggiunge una luminosità massima pari alla mag. 5,5 che gli consente di essere di poco al di sotto della soglia di visibilità ad occhio nudo (la magnitudine 6 è infatti il limite massimo raggiungibile dall’occhio nudo). La sua debole luminosità lo fece quindi confondere con una debole stellina.

L’osservazione “inconscia” di Urano proseguì anche dopo la scoperta del telescopio. Infatti il 23
dicembre 1690 il celebre astronomo inglese John Flamsteed ne registrò la posizione, nel corso di
un’osservazione, ma lo scambiò per la stella 34 nella costellazione del Toro. Il povero Flamsteed si imbatté nel pianeta ancora una volta nel 1712 ed addirittura quattro nel 1715, ‘mancandolo’ anche in queste occasioni. Gli appuntamenti falliti con la storia continuarono, infatti il pianeta dal color smeraldo fu ancora registrato, senza essere riconosciuto, da James Bradley (nel 1748 e 1750), da T. Mayer nel 1765 ed infine dallo sfortunato Pierre Charles Le Monnier che lo osservò a più riprese (ben 12 volte) fra il 1750 ed il 1769 e addirittura 8 volte in un mese, dal 27 dicembre 1768 al 23 gennaio 1769. Può sembrare incredibile che uno dei più famosi astronomi della storia sia incorso in una tale “cantonata”, ma a sua scusante va detto che Urano, nel periodo “incriminato”, si trovava in prossimità del periodo stazionario della propria orbita e, conseguentemente, il suo moto in cielo era poco apprezzabile.

Il 13 marzo 1781, quando l’astronomo inglese Wilhelm Herschel si accorse che l’oggetto che stava puntando nella costellazione zodiacale dei Gemelli non era riportato su alcuna carta stellare, ma la ritenne una nuova cometa ed infatti la catalogò come tale nella comunicazione della sua osservazione alla Royal Society. Nel maggio dello stesso anno l’astronomo dilettante francese J. de Saron ed il matematico finlandese Anders Lexell ne intuirono in modo indipendente la vera natura planetaria.
Negli anni susseguenti alla scoperta si aprì il dibattito sul nome da assegnare al nuovo pianeta:
nell’anno della scoperta il celebre astronomo tedesco Johann Bode propose di chiamarlo Urano,
Jean Bernoulli Ipercronio, il suo scopritore volle dedicarlo al suo protettore Re Giorgio III e suggerì Pianeta Georgiano, mentre molti lo chiamarono semplicemente Herschel. Il dibattito sul nome proseguì fino al 1850, quando venne accettata la proposta dell’astronomo e matematico John Couch Adams di chiamare il VII pianeta del nostro sistema solare Urano, come aveva suggerito 70 anni prima Bode.

Compiendo un altro salto di 127 anni si giunge al 10 marzo 1977, data in cui era prevista
l’occultazione, da parte del pianeta, di una stella della costellazione della Bilancia, un fenomeno
tuttavia osservabile solamente in una ristretta zona del Sud Pacifico. Ciò costrinse gli astronomi J. Eliot, T. Dunham e D. Mink ad osservare l’occultazione a bordo di un aereo C-141 che trasportava un telescopio riflettore di 91,4 cm. Mentre i tre astronomi si preparavano all’evento, 35 minuti prima dell’ora X videro lampeggiare la luce della stella 5 volte, fenomeno che si ripeté dopo l’emersione della stella dalla luce di Urano. Il confronto fra i lampi di luce indicò che essi erano simmetrici fra di loro e ciò indicò quindi l’esistenza di materia disposta in modo da dare vita ad un sistema di anelli.

L’anno successivo l’equipe dell’astronomo G. Neugebauer dell’osservatorio di Monte Palomar ottenne le prime immagini degli anelli da Terra. Nel 1986 giunsero, invece, dalla sonda Voyager 2 le prime immagini di questo mondo gelido, la cui temperatura media si aggira intorno ai -200°, e dal quale il nostro Sole appare pallido e mostra un diametro apparente circa 20 volte meno di quello della Luna piena vista da Terra.

Dieci anni dopo il passaggio del Voyager 2 si giunge all’ultimo capitolo riguardante Urano, rappresentato dalle immagini inviateci dal telescopio Hubble, la cui bellezza rivaleggia con quelle inviate dalla sonda statunitense, e che ancora una volta ci mostrano questo pianeta, il cui asse di rotazione risulta inclinato di 90°, il che lo porta a mostrarci i suoi anelli in posizione verticale.

Nastro di Moebius by Wikipedia

In matematica, e più precisamente in topologia, il nastro di Möbius è un esempio di superficie non orientabile e di superficie rigata. Trae il suo nome dal matematico tedesco August Ferdinand Möbius.

Le superfici ordinarie, ossia le superfici che nella vita quotidiana siamo abituati ad osservare, hanno sempre due facce, per cui è sempre possibile percorrerne idealmente una senza mai raggiungere l’altra, se non attraversando una linea di demarcazione costituita da uno spigolo (chiamato “bordo”) o bucando la superficie: si pensi ad esempio alla sfera, al toro, o al cilindro. Per queste superfici è possibile stabilire convenzionalmente un lato “superiore” o “inferiore”, oppure “interno” o “esterno”.

Nel caso del nastro di Möbius, invece, tale principio viene a mancare: esiste un solo lato e un solo bordo. Dopo aver percorso un giro, ci si trova dalla parte opposta. Solo dopo averne percorsi due ci ritroviamo sul lato iniziale. Quindi si potrebbe passare da una superficie a quella “dietro” senza attraversare il nastro e senza saltare il bordo ma semplicemente camminando a lungo.

Un nastro di Möbius può essere realizzato partendo da una striscia rettangolare ed unendone i lati corti dopo aver impresso ad uno di essi mezzo giro di torsione (180°). A questo punto se si percorre il nastro con una matita, partendo da un punto casuale, si noterà che la traccia si snoda sull’intera superficie del nastro, che è quindi unica.

Essendo una superficie rigata, per ogni punto sul nastro passa almeno una retta che giace sulla superficie del nastro. Sono superfici rigate il piano, il cilindro e il cono e altre, mentre non sono superfici rigate la sfera, l’ellissoide e molte altre.

Nella costruzione, si ottiene un nastro di Möbius imprimendo al lato corto n mezzi giri di torsione, con n dispari (nel nastro di Möbius “classico”, n=1). Con n pari si ottiene una figura topologica diversa, questa volta orientabile, chiamata anello, equivalente ad una corona circolare.

Tagliando il nastro a metà parallelamente al bordo, si ottiene un altro nastro però con una torsione intera, due bordi e due superfici diverse, quindi orientabile. La cosa interessante è che i due bordi separati dalle forbici rimangono un solo bordo, quindi la figura viene completamente tagliata a metà, ma rimane attaccata; tagliando ancora a metà il secondo si ottengono due nastri con torsione intera uno dentro l’altro. Tagliando il nastro a un terzo della sua larghezza si possono fare due giri con le forbici e si ottengono due nastri concatenati, uno grande la metà dell’altro, dove quello piccolo è ancora un nastro di Möbius, con mezza torsione, mentre quello grande ha una torsione intera.

L’oggetto deve il suo nome al matematico August Ferdinand Möbius (1790-1868) che fu il primo a considerare la possibilità di costruzione di figure topologiche non orientabili. Il simbolo matematico ∞ di infinito non fa riferimento al nastro; la sua introduzione è attribuita al matematico inglese John Wallis (1616-1703).

Arte
L’incisore e litografo olandese Maurits Cornelis Escher, nel 1961, usa il nastro di Möbius per una sua incisione su legno, Striscia di Möbius I. Di due anni più tardi è il suo Striscia di Möbius II (1963). Nell’opera, una teoria di formiche cammina indefinitamente sul nastro percorrendone tutta la superficie. Nello stesso periodo in cui Möbius “inventava” la sua striscia anche un pittore francese disegnava una immagine identica, rappresentante nella sua intenzione la perfezione.
Lo scultore Max Bill utilizzò questa forma così elementare ed armoniosa del nastro di Möbius in moltissime sue opere, già dal 1935. Lui non era a conoscenza di quest’oggetto, infatti lo definiva “nastro senza fine” (Endless Ribbon). Lo realizzò inconsapevolmente in origine cercando un’idea per una scultura da poter porre sopra un caminetto elettrico per sostituire le fiamme naturali. Diceva dei nastri senza fine: “Sono convinto che la loro efficacia stia in parte nel loro valore simbolico; essi sono modelli per la riflessione e la contemplazione”.

Letteratura
Nel 1950 un insegnante di Harvard, Armin J. Deutsch, consigliato dall’allora suo collega Isaac Asimov, pubblica il racconto breve Una Metropolitana chiamata Moebius (A Subway named Möbius) sul numero di dicembre dello stesso anno della rivista Astounding Science-Fiction. Nel racconto un treno metropolitano di Boston, seguendo un intricato percorso, finisce paradossalmente in una striscia di Möbius, formata da binari intricati, senza più poterne uscire.

Cinema
Nel 1996 il regista argentino Gustavo Mosquera R. fa una trasposizione cinematografica del racconto di Deutsch: Moebius. Il racconto viene adattato per il cinema da vari autori, fra cui il regista stesso, ed ambientato a Buenos Aires, in Argentina, dove il protagonista, un giovane topologo, viene incaricato di rintracciare un convoglio misteriosamente scomparso, che in virtù del progressivo aumento della complessità del tracciato, tale da renderne indescrivibile il percorso, ha infranto i limiti spazio-temporali della nostra dimensione. Il film è uscito nel 1998 in Italia.

In 2010 – L’anno del contatto di Peter Hyams del 1984 (sequel di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick)

iPad invenzione di Stanley Kubrick?

il nastro di Möbius viene citato per descrivere l’avaria occorsa al supercomputer HAL 9000. Nel 2013 Eric Rochant ha scritto e diretto il thriller Möbius, con protagonista l’attore Premio Oscar Jean Dujardin e Cécile de France, in cui viene fatto riferimento al Nastro come paradigma della spia. Sempre nel 2013 esce il film Moebius del regista coreano Kim Ki-duk, in cui i personaggi del nucleo familiare protagonista sono collegati in un tutt’uno come nel nastro.

Animazione
Nell’episodio Realtà in 2D della serie TV di animazione Futurama, la navetta Planet Express viene trasformata dal Professor Farnsworth in una super auto da corsa e viene fatta sfrecciare, in un duello contro una nave spaziale più moderna e tecnologica, sulla Pista di Möbius, con conseguenze disastrose.

Meccanica
Le cinghie di trasmissione possono utilizzare il nastro di Möbius per distribuire l’usura sulle due facce (e quindi durare di più). Un esempio di questa applicazione è rappresentato nelle vecchie trebbiatrici, che ricevevano il moto da un trattore posto ad alcuni metri tramite una cinghia con le facce incrociate. Nei banchi di taglio utilizzati nella lavorazione degli schiumati poliuretanici le lame sono a forma di nastro di Möbius. Questo accorgimento consente di raddoppiare la lunghezza del filo di taglio della lama e, di conseguenza, i tempi di intervallo fra una affilatura e l’altra, risultandone dimezzata, a parità di impiego, l’usura del filo stesso.

Photo by Luigi Viazzo with Huawei P8 Lite

Immagine scattata all’evento Cosmogonie

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Moebius terrificante.mpg