Il Dodecaedro gioco e geometria
Il Dodecaedro carta identità
Il Dodecaedro nel Gioco e nel Rinascimento
Nella vita sociale e cortigiana del rinascimento era utilizzato come dado della sorte e conduceva il rogante fino alla risposta al suo quesito, che egli aveva facoltà di porre, secondo uno schema prefissato in 16 domande. Il gioco di società, a base 12 facce, era stato descritto in particolare dal poeta medievale Jean de Meung (1240-1305); nella sua opera in versi, sulle facce del dodecaedro – che aveva la forma del ditale – Le plaisant ieu du Dodechedron de fortune (Il divertente Gioco del Dodecaedro della Fortuna) erano infatti rappresentati i 12 segni zodiacali. Ci si basava, in sostanza, su un dado
a 12 facce.
Il Dodechedron è uno dei rari libri-gioco di concezione tutta francese pensato sul modello dei libri di sorte italiani (vedi autori quali Spirito, Marcolini e Ringhieri). Prevedeva, come detto sopra, l’impiego di un dado
a dodici facce pentagonali per l’estrazione delle risposte contenute nel libretto, e quindi si faceva ricorso, in un certo senso, all’azzardo.
Il gioco si basava quindi su una serie di oracoli, emessi dopo il lancio dei dadi,
dove il dodecaedro viene utilizzato come dado della sorte, che conduce l’interrogante, mediante una sfera stellata del cosmo, fino alla risposta stampata alla sua domanda, che egli può porre secondo uno schema prefissato di 16 quesiti.
Tutto comunque in base 12, con numeri e lettere (dalla A alla M che si incrociano in sottogruppi), con segni zodiacali, pianeti fino ad allora scoperti, ovviamente, da Mercurio a Saturno, Sole, Luna che si mixano con i regni della natura (con riferimenti a mammiferi, pesci, volatili, minerali, vegetali) in un crescendo a base di satira, letterature, con sfumature nella lingua dell’ancora da arrivare Voltaire, che solo la lettura nell’idioma originale sa regalare…
Per arrivare al numero complessivo di schede, in numerazione latina, ça va sans dire, CXLIIII, 144, ovviamente 12 al quadrato…
Il Dodecaedro, il gioco e le fonti
Il mondo della divinazione e del gioco era centrale nella vita sociale e artistica degli uomini del Rinascimento. Nella civiltà delle corti, che aveva tempi lunghi e lenti da riempire, i poeti e gli artisti al servizio dei signori inventarono il libro delle sorti, un libro-gioco figurato, amato e divulgato quasi quanto i tarocchi e i cosiddetti mazzi fantastici.