Keplero, le tre leggi e Marte (XI)

Keplero

KEPLERO, MARTE E LE TRE LEGGI

Keplero, alias Johannes Kepler nacque, il 27 dicembre del 1571, a Weil der Stadt, nella regione della Svevia: fu lui a far compiere all’astronomia e alla scienza un balzo da gigante.
La sua era una famiglia di condizione economica modesta. Suo padre era un soldato di ventura, mentre
la madre era la figlia di un locandiere e, per un certo periodo, abbandonò il giovane Johannes al
nonno per seguire il marito in Olanda.

Frattanto, sulla spinta della Controriforma, anche la scienza e la cultura subivano numerosi cambiamenti.
I duchi del Wuerttenberg, abbracciata la fede luterana, avevano infatti deciso di istituire un moderno
sistema di insegnamento. Intendevano creare una nuova scuola intellettuale del clero, che potesse
tenere a bada le dispute religiose con i cattolici.

Il nuovo sistema di insegnamento intendeva premiare anche i giovani meritevoli che appartenessero alle classi meno abbienti. E il genio precoce del giovane Keplero gli assicurò il passaggio automatico dalla scuola al seminario e quindi all’università.

In seminario il programma didattico era vasto e comprendeva teologia, studio dei classici, retorica, dialettica, matematica e musica. All’età di vent’anni il giovane Johannes conseguì il diploma della facoltà delle arti all’università di Tubinga. Poi si iscrisse alla facoltà di Teologia, dove studiò per quattro anni, ma non poté dare gli esami finali.
Nel 1594 gli venne, infatti, offerta la cattedra di professore di matematica e astronomia presso l’università di Graz, nella regione austriaca della Stiria. Nel corso della sua permanenza in Austria, Keplero si guadagnò da vivere anche facendo anche l’astrologo. Il calendario astrologico era un obbligo che l’università imponeva ai suoi cattedratici, ma Keplero ne fece anche per personaggi importanti quali, ad esempio, il duca di Wallenstein.
In Austria l’astronomo tedesco proseguì i propri studi e le speculazioni cosmologiche, di cui si era già occupato nel corso della sua permanenza al seminari di Tubinga. I suoi studi lo portarono alla conclusione che l’universo fosse composto da figure simmetriche: triangolo, quadrato, pentagono, esagono e così via. Nonostante queste deduzioni fossero false, costituiranno il punto di partenza per demolire gli ingranaggi della vecchia cosmologia tolemaica. Tali scoperte verranno poi pubblicate nel Mysterium cosmographicum, pubblicato nel 1596. Le figure geometriche, dopo anni di studio, erano diventate da piane tridimensionali (il primo tentativo di costruire il cosmo sulle figure piane era infatti fallito).
Keplero giunse a questa conclusione: fra le diverse figure tridimensionali, esisteva soltanto un numero limitato di poligoni con tutte le facce uguali fra loro: il tetraedro (la piramide), il cubo, l’ottaedro (formato da otto triangoli equilateri), il dodecaedro (composto da 12 pentagoni) e l’icosaedro (che includeva 24 triangoli equilateri). Queste figure possono essere inscritte in una sfera che toccherà tutti vertici della figura.
L’intuizione di Keplero era che esistessero cinque solidi perfetti e, quindi, cinque intervalli fra i pianeti del Sistema Solare. Inoltre, la coincidenza fra pianeti e poligoni regolari non poteva essere casuale e dimostrava coma la mano divina avesse disegnato l’Universo. Incastrando ciascuna figura in una sfera, si trovava così la struttura del Sistema solare. Senza contare che un universo a tre dimensioni, soddisfaceva pienamente la natura triplice della divina Trinità. E la posizione delle
sfere coincideva perfettamente coi calcoli effettuate sulle orbite planetarie da Copernico (di cui scriverà un elogio nel Misterium cosmographicum e di cui accetterà il sistema eliocentrico). E le sfere, nel proprio moto intorno al Sole producevano accordi musicali e celestiali come Keplero spiegherà in una delle sue più celebri opere Armonices mundi. In quest’ultima affrontava anche un altro problema che gli era parso immediatamente evidente: l’orbita dei pianeti intorno al Sole
non era circolare, ma ovale (nella prima delle sue tre leggi diventerà ellittica). Questa anomalia veniva spiegata dall’astronomo tedesco prevedendo che ciascun pianeta fosse circondato da una conchiglia sferica, sufficientemente spessa a per poter contenere tra le sue pareti l’orbita ovale del pianeta. La parte inferiore della conchiglia rappresentava la distanza minima dal Sole, mentre la parete esterna quella massima.
Dopo la prima pubblicazione del Mysterium, approfondì i propri studi matematici e si perfeziona così il suo modello del cosmo.
La sua carriera scientifica proseguì a Praga, dove incontrò Tycho Brahe. Alla morte dell’astronomo danese, avvenuta nel 1601, divenne matematico imperiale a Praga, qualifica che mantenne fino al 1612. E, nel 1609, pubblicò la sua opera più importante, l’Astronomia Nova, ovvero la fisica celeste, tratta dai commentari dei movimenti di Marte, sulla base delle osservazioni di Tycho Brahe.
Fu un’opera di fondamentale importanza per l’astronomia. Si può, infatti, affermare che Newton non avrebbe potuto scoprire la legge di gravitazione universale senza l’apporto fornito a lui dagli studi di Keplero. Erano leggi naturali intese nel senso moderno del termine: si tratta, infatti, di enunciati precisi, facilmente verificabili e relativi a rapporti universali che governano i singoli fenomeni e che sono espressi in termini matematici.
Questi enunciati rivoluzionari consentirono di separare l’astronomia dalla teologia, per unirla invece alla fisica. Da quel momento, la cosmologia sarà liberata dall’ingombrante presenza di ruote e sfere, e l’universo ed il Sistema solare saranno popolati da corpi celesti simili alla Terra e in perenne rivoluzione attraverso gli spazi siderali.
Solo Marte ci permette di penetrare i segreti dell’astronomia che altrimenti ci rimarrebbero nascosti”: queste le parole tratte dall’‘Astronomia Nova’. E proprio da Marte, infatti, prese il via la lunga ricerca che avrebbe condotto alla scoperta delle tre leggi che avrebbero reso celebre Keplero per l’eternità. Marte, per la pronunciata eccentricità della propria orbita, avrebbe aiutato l’astronomo tedesco a capire i meccanismi che governano i moto di rivoluzione dei pianeti.
Il punto di partenza delle sue ricerche furono le precisissime osservazioni di Tycho che sfruttò per le proprie ricerche. Keplero capì che il Sole non occupava il centro preciso dell’orbita circolare del pianeta, bensì uno dei due fuochi di un’ellisse. Da questa deduzione presero il via gli studi che lo portarono a formulare le tre celebri leggi.

  • La prima afferma che tutti i pianeti si muovevano attorno al Sole su orbite ellittiche di cui il Sole occupava uno dei fuochi.
  • La seconda legge dice che il raggio vettore, ovvero la linea immaginaria che congiunge il centro del pianeta con quello del Sole, descrive, in tempi uguali, aree uguali.
  • La terza legge stabilisce che il quadrato del periodo siderale di un pianeta (ossia il periodo che impiega a compiere un’intera rivoluzione intorno al Sole) è proporzionale al cubo della sua distanza dal Sole stesso.

La causa principale di questi movimenti planetari era dovuta all’attrazione gravitazionale del corpo più grande, il Sole, nei confronti dei pianeti che ruotano attorno ad esso: l’astronomia moderna era nata e la via per le leggi di Newton era stata aperta.
Le tre leggi verranno poi meglio definite nell’opera del 1618, dal titolo Epitome astronomiae copernicanae.

(Continua)

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