Tycho Brahe e Marte (parte X)

Tycho Brahe

Tycho Brahe, Marte e C.

Tycho Brahe e Marte, una premessa: nell’ambito della storia dell’astronomia il pianeta Marte ha rivestito una grandissima importanza in seguito agli studi di Tycho Brahe prima e di Johannes Kepler poi.

Tycho Brahe merita l’apertura per motivi cronologici ma anche per altre motivazioni che andiamo a indicare di seguito: nacque nel 1546,  al Castello di Knutstorp, in Svezia, la patria di Kopimi, e fu educato dallo zio Joergen, vice ammiraglio della marina danese, e che non aveva figli. Nel suo destino vi era la carriera diplomatica e così, all’età di tredici anni, iniziò a studiare filosofia e retorica all’università di Copenaghen.

Nel corso del suo primo anno di studi fu però testimone di un avvenimento che segnò il suo destino: osservò, infatti, un’eclisse parziale di Sole.

Il giovane Brahe intraprese, quindi, gli studi astronomici, nonostante il divieto dello zio che continuava a vedere in lui un futuro diplomatico, in varie università tra cui Lipsia, Rostock e Basilea.
Frattanto si dedicò anche alla costruzione di strumenti di misurazione sempre più sofisticati, quali quadranti e sestanti, coi quali compì misurazioni sempre più precise sulla posizione dei corpi celesti. La sua prima osservazione scientifica risale all’agosto del 1563, quando annotò la congiunzione, ossia l’avvicinamento in cielo, fra Giove e Saturno.  Un altro avvenimento astronomico che colpì profondamente l’astronomo danese fu l’osservazione
che effettuò la sera dell’11 novembre del 1572. Uscendo dal suo laboratorio vide brillare in cielo
una stella la cui luminosità rivaleggiava con quella di Venere. In quel punto del firmamento, fin a poco prima, non vi era alcun corpo celeste.
L’astro era così brillante che venne osservato, per un certo periodo, anche in pieno giorno. Rimase visibile, nel cielo notturno, per diciotto mesi prima di scomparire. Grande fu, naturalmente, l’eco di questo avvenimento straordinario e inaspettato che si svolgeva nel cielo delle stelle fisse ed immutabili.
Oggi sappiamo che si trattava di una supernova, una stella che, in seguito alle reazioni nucleari che si svolgono al suo interno, esplode.
L’astronomo danese misurò, notte dopo notte, la posizione della stella e vide che rimaneva inequivocabilmente fissa. Non si trattava, quindi, di un fenomeno transitorio o sublunare e che avrebbe salvato la teoria dell’immutabile cielo tolemaico.
Sulla base delle misurazioni di Brahe la ‘nuova stella’ si trovava a sei volte la distanza della Luna dalla Terra.
I grandi risultati raggiunti dal proprio illustre suddito, convinsero Federico II di Danimarca a offrirgli un luogo dove costruire un grande osservatorio astronomico. La scelta cadde sull’isola di Hveen, dove fu costruito l’osservatorio Uraniborg, e di cui divenne feudatario.
Nei vent’anni in cui rimase nell’isola di Hveen, che amministrò peraltro in maniera assai dispotica, effettuò accuratissime osservazioni della volta celeste (oltre 1500) e misurazioni molto precise sulla posizione dei corpi del sistema solare, di mille stelle e sulla cometa che apparve nel 1577.
Dall’osservazione di quest’ultima trasse la conseguenza che tale corpo celeste si trovasse ben a di là dell’orbita lunare, al contrario di quanto sostenuto dalle teorie tolemaiche che classificavano le comete come oggetti in orbita fra Terra e Luna.
Nel 1597, però, dovette abbandonare l’isola: troppi erano oramai i soprusi da lui perpetrati nei confronti dei suoi sudditi. Con il suo seguito, diventato oramai una vera e propria corte, toccò vari centri: Amburgo, Dresda e, infine, nel 1599, giunse a Praga. Qui venne nominato matematico imperiale
dall’imperatore Rodolfo II. E, proprio a Praga, si svolse uno degli incontri più importanti dell’astronomia, quello fra l’astronomo danese e quello tedesco Johannes Keplero.
I due erano già stati in contatto epistolare, anche se questo aveva creato grossi problemi ai due studiosi.
Tycho Brahe, oltre ad effettuare numerose osservazioni, aveva anche elaborato anche una propria teoria cosmologica. Secondo l’astronomo danese, la Terra era al centro dell’universo ed attorno ad essa orbitavano sia la Luna che il Sole. Attorno a quest’ultimo, però, ruotavano gli altri pianeti del Sistema Solare. Al di fuori del Sistema Solare, invece, si trovavano le stelle fisse. Si trattava di una teoria che costituiva un abile compromesso fra quella tradizionale e quella copernicana.

Tycho, però, la tenne segreta, in quanto voleva pubblicarla solo dopo aver verificato i dati in proprio possesso. Nel frattempo, eguale teoria venne pubblicata da Reymers Baer, detto Ursus (per la ferocia con cui schiacciava i propri nemici) e che fu matematico imperiale prima di Brahe. Ursus si era recato a fare visita all’astronomo danese sull’isola di Hveen nel 1584.
Nel 1588 l’astronomo tedesco diede alle stampe i Fondamenti dell’astronomia, il cui sistema era praticamente quello elaborato da Tycho. Questi andò su tutte le furie e lo accusò di aver rovistato tra le sue carte durante la citata visita all’osservatorio.
La teoria di Ursus venne salutata da Keplero con una lettera di felicitazioni alla quale il primo non rispose. Due anni dopo, quando oramai l’astronomo tedesco era divenuto famoso, Ursus la stampò senza chiederne il permesso a Keplero e, tra l’altro, la inserì in un libro (le ipotesi astronomiche) nel quale, dopo aver rivendicato la priorità sul sistema cosmologico da lui elaborato, ricopriva di insulti Brahe. Questi, quindi, ebbe l’impressione che Keplero prendesse le parti del suo avversario.
Il desiderio di utilizzare l’opera del giovane e promettente astronomo, fece comunque superare questi problemi.
L’incontro avvenne il 4 febbraio del 1600. Brahe affidò a Keplero lo studio del pianeta la cui orbita si era dimostrata la più ostica da studiare: Marte, uno studio dal quale sarebbe nata l’Astronomia nova.
Il 24 ottobre del 1601, Tycho Brahe, morì ma la via dell’astronomia era oramai segnata. Keplero utilizzò comunque le osservazioni dell’astronomo danese, l’ultimo grande studioso degli astri a occhio nudo. La via alla ricerca telescopica era oramai aperta.

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