Invictus 2 e il Rugby: dopo 28 anni il remake

Invictus

Invictus 2: Sudafrica-Nuova Zelanda di nuovo in finale

Invictus 2 e una partita che si ripete dopo 28 anni (tra l’altro il 28 ottobre per chi ama la numerologia…): se nel 1995, infatti, andò in scena, sotto gli occhi di Nelson Mandela, una vittoria contro pronostico, questa volta come andrà a finire fra Springbok and All Blacks?

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Invictus 2 è in realtà la finale della Coppa del Mondo di Rugby, alias William Webb Ellis Cup, con kick off previsto alle ore 21,00 allo Stade de France (Paris Saint-Denis) fra i campioni in carica (il Sudafrica che si impose contro pronostico nel 2019 contro l’Inghilterra) e la (quasi) Invencible Armada dei tutti neri targata Nuova Zelanda, in una sorta di remake, come accennato sopra, della leggendaria partita del 1995 in quel Johannesburg che, come vedremo sotto, è stata raccontata dal film di Clint Eastwood, dove Matt Damon interpreta la parte di François Pienaar, il capitano degli Springboks, e Morgan Freeman quella di Nelson Mandela; vediamo insieme perché fu un match così epocale:

  • il Sudafrica era appena uscito dall’apartheid (che aveva impedito fra l’altro ai cosiddetti Bokke di disputare le prime due edizioni della Coppa nella quale era stato sostituito, in rappresentanza del Continente nero, dal vicino e meno performante Zimbawe);
  • il Rugby, in Sudafrica, ero lo sport bianco per eccellenza che, tra l’altro, per i neri sudafricani rappresentava proprio uno dei volti dell’apartheid;
  • Mandela, reduce da quasi trent’anni di prigionia, decide invece di sdoganare la palla ovale e anzi, non solo incoraggia pubblicamente la squadra, ma addirittura scende in campo dopo la finale, con indosso la maglia numero 6 di François Pienaar (numero che viene assegnato alla terza linea sinistra e che, secondo alcuni rumours avrebbe indossato quando giocava, mentre secondo altre fonti mai avrebbe praticato lo sport di ovalia), per consegnargli il Trofeo, in una foto che è passata alla storia e ha sicuramente ispirato di John Carlin per il suo libro Ama il tuo nemico e dal quale poi è stato tratto il già citato film Invictus.

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Vediamo che cosa successe sul campo, prima di passare alla pellicola e fuori nella terza edizione della Coppa del Mondo di Rugby anno 1995 della quale vanno ricordati:

  • l’esplosione del compianto Jonah Lomu (che nella semifinale fra All Blacks e Inghilterra segnò addirittura 4 mete di cui una con un epocale coast to coast);
  • la meta fantasma della Francia che in semifinale avrebbe impedito al Sudafrica di disputare il match decisivo, con l’ovale schiacciato dalla seconda linea Abdelatif Benazzi a un soffio dalla fine, su una linea dell’area di meta cancellata dal fango e non convalidata (e allora non c’era il TMO, il VAR del Rugby);
  • la partita giocata in extremis dopo mezz’ora di finimondo portato dalle nubi gravide di pioggia provenienti dall’Oceano Indiano che mettono a rischio la partita, con il (futuro) Paese Arcobaleno trattiene il fiato, perché se l’incontro dovesse essere annullato il sogno si fermerebbe lì, visto che secondo il regolamento vincerebbe la squadra più virtuosa sotto il profilo della disciplina (leggi ammonizioni ed espulsioni ndr) e i Galletti da questo punto di vista erano messi meglio;
  • l’intossicazione che subirono gli stessi All Blacks prima della finale per colpa, secondo la stampa neozelandese di una misteriosa cameriera di nome Suzie, che avrebbe avvelenato il caffè bevuto dalla squadra e che, invece, pare sia stata colpa di un team di scommettitori;
  • l’aereo che passò rasente all’Ellis Park di (sede della finale) prima del kick off, con scritto sotto le ali Go Bokke! ovvero Forza Springboks!;
  • la battaglia in campo, 9-9 all’ottantensimo, e il drop tombale di Joel Stransky che, nei tempi, supplementari fissa il punteggio sul 15-12 per i padroni di casa;
  • alcune frasi scolpite nella storia tipo la domanda del giornalista a Pienaar Oggi ha sentito tutti i 63.000 dello stadio tifare per voi? – con la risposta No, oggi ho sentito 42 milioni di sudafricani tifare per noi.

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Il capitano, nero, del Sudafrica Siya Kolisi, che quattro anni fa alzò la coppa in Giappone ha già detto: Sentiamo il nostro paese dietro di noi, se vinceremo lo faremo per loro. Se vinceremo vincerà tutta l’AfricaEcce longa manus di Nelson Mandela.

Invictus 2 qui finisce, per il momento la storia, in attesa che i vincitori di sabato 28 ottobre ne scrivano un altro capitolo…

In attesa ecce Invictus (1) in dimensione grande schermo:

Invictus – L’invincibile: film del 2009 diretto da Clint Eastwood ambientato nel Sudafrica del 1994 dove, dopo ventisette anni di prigionia, Nelson Mandela (Morgan Freeman) è finalmente libero e diventa il primo presidente nero. Se da una parte l’apartheid è stata ufficialmente abolito (e Mandela si sta battendo per la riconciliazione), nel paese persistono le divisioni razziali, last but not least la maggioranza nera, per esempio, mostra ancora un forte risentimento nei confronti degli Afrikaner, che identifica proprio con la squadra nazionale di rugby, gli Springboks, composta da soli giocatori bianchi, mentre i neri all’epoca preferiscono di gran lunga il calcio. Mandiba, tuttavia, vede nel rugby uno strumento per sanare le ferite del passato e unificare la due anime del Sudafrica, grazie alle regole di lealtà, fratellanza e rispetto che lo caratterizzano; e, per rassicurare la minoranza bianca sul fatto che la loro identità verrà rispettata, convince i membri neri della nuova associazione di rugby sudafricana a mantenere il nome, il logo e i colori originari degli Springboks.

Successivamente, incontra François Pienaar (Matt Damon), il capitano degli Springboks, al quale confida che una vittoria della squadra nazionale nella Coppa del Mondo del 1995 (edizione III), organizzata fra le mura amiche, unirà gli Afrikaner con le altre tribù che compongono il paese e tra i due si crea subito una forte intesa, suggellata dal motto Una squadra, una nazione; per motivare ulteriormente il capitano, gli regala una copia della poesia Invictus del poeta, giornalista ed editore britannico William Ernest Henley (1849-1903) fra le cui righe aveva trovato conforto nei momenti più bui della sua prigionia.

Mandela, ancora, ordina ai giocatori di mescolarsi tra la gente con allenamenti all’aperto e di insegnare il rugby anche ai neri, perché secondo lui e Pienaar lo sport può unire con successo il paese, per dare vita alla Rainbow Nation (la Nazione Arcobaleno).
Il resto è storia:

  • Sudafrica-Australia (campione uscente) 27-18
  • Sudafrica-Romania 21-8
  • Sudafrica-Canada 20-0
  • Sudafrica-Samoa Occidentali 42-14
  • Sudafrica-Francia 19-15
  • Sudafrica-Nuova Zelanda 15-12…

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