Cane Maggiore il mito in cielo

Cane Maggiore

Cane Maggiore il Capomuta

Cane Maggiore la costellazione è stata da sempre identificata con la sua stella più luminosa Sirio, che è la più brillante dell’intero firmamento (escluso il Sole). E gli antichi spesso identificavano il potere di Sirio proprio con quello del Sole, e infatti la stella era talvolta rappresentata con una corona di raggi che la circondava. Il nome Sirio, tra l’altro, deriva dalla parola greca, serios che significa bruciante, ed era, infatti, credenza popolare che la stella provocasse grandi febbri ed anche la rabbia canina.
Per quanto riguarda la costellazione, il Cane Maggiore, insieme al Cane Minore, apparteneva alla muta del cacciatore Orione. Ritto in piedi, il segugio sembra pronto a scattare verso la sua preda (l’adiacente costellazione della Lepre), mentre la stella Sirio sembra rappresentare i denti scintillanti del cane. Secondo altre leggende, il Cane Maggiore era Maera, il fedele cane di Icaro (non il figlio di Dedalo ma l’inventore del vino), per lo più identificato, però nella sopra citata costellazione del Cane Minore (vedi costellazione). Il nome Maera, fra l’altro, significa splendente e ciò sembra avvicinare il cane di Icaro a Sirio.

Cane Maggiore: un’altra leggenda ha identificato il  con il terribile Cerbero, il cane a tre teste (figlio di Tifone ed Echina) che nel mito greco faceva la guardia all’entrata dell’Ade, il mondo sotterraneo regno del Dio Plutone. Un ulteriore mito identifica in queste stelle Lelapo, il cane di Procri, figlia del re di Atene
Eretteo. Lelapo era così veloce che nessuna preda poteva sfuggirgli. Esistono versioni discordanti su come il cane fosse giunto alla principessa ateniese. Secondo una leggenda le fu donato, da Diana, dea della caccia. Una seconda versione del mito, fa risalire l’origine del cane a Giove che lo donò all’amata Europa, il cui figlio Minosse, re di Creta, lo passò a Procri per conquistare il suo cuore. In questa variante del mito, Minosse le donò, insieme al cane, un giavellotto dai poteri magici che non mancava mai il bersaglio contro il quale veniva lanciato.

Questo prezioso dono fu, però, fatale al povero Lelapo, in quanto durante una battuta di caccia, Cefalo, marito di Procri, con il giavellotto colpì il cane veloce come il vento, uccidendolo. Prima di questa tragica fine, Cefalo aveva portato Lelapo in Beozia nella città di Tebe, dove l’aveva dato in prestito ad Anfitrione perché la portasse a dare la caccia ad una volpe stava devastando le campagne intorno alla città. La volpe era così veloce che nessuno riusciva ad acchiapparla: sembrava quindi un’impresa adatta a Lelapo, il quale iniziò ad inseguirla. Entrambi i canidi scattarono così velocemente da rendere quasi impossibile seguirli con la vista. Correndo entrambi alla stessa velocità, il cane, che era partito con un attimo di ritardo rispetto alla volpe, sembrava sempre sul punto di raggiungerla. Quando, però, serrava la mandibola, azzannava solo aria. Il risultato della caccia era quindi destinato a trasformarsi in un paradosso senza fine. A questo punto intervenne Giove, che tramutò entrambi gli sfidanti in pietra, per porre fine al loro inseguimento che altrimenti sarebbe durato in eterno. Poi pose in cielo Lelapo, senza far, però,
decollare la volpe. A questo pensò, molti secoli più tardi, l’astronomo polacco Hevelius, che ristabilì in cielo il risultato di parità conseguito dai due animali in Grecia tanti secoli prima.

Secondo un’altra versione del mito, Lelapo aveva invece intrapreso l’inseguimento di una lepre (identificata nell’adiacente costellazione), anziché di una volpe. Identico fu il risultato della vicenda, anche se in questo caso l’inseguimento sembra continuare notte dopo notte fra gli astri del cielo.
Gli antichi Romani conoscevano la costellazione con vari nomignoli: custode di Europa, e, in riferimento alla costellazione del Cane Minore come destro, grande, secondo, l’altro e il seguente.

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