San Carlo Borromeo fra devozione e polenta

San Carlo BorromeoSan Carlo Borromeo fra Lago Maggiore e Lario

San Carlo Borromeo una storia che si dipana fra Verbano, Milano e Roma con annesse fake news legate alla zona del Lago di Como e alla polenta; nato ad Arona, sul Lago Maggiore, il 2 ottobre del 1538, da una nobile e ricca famiglia (suo padre, Gilberto, era noto per la profonda religiosità e per la sua generosità verso i poveri); a 14 anni si recò a studiare prima a Milano poi a Pavia e, grazie a intelligenza, carattere tenace e riflessivo, nel 1559, diventò dottore in diritto civile e canonico a soli 21 anni.

L’anno successivo Papa Pio IV (suo zio ndr) lo nominò cardinale con annesso un un incarico paragonabile all’attuale Segretario di Stato e successivamente gli affidò anche l’amministrazione della diocesi di Milano con l’obbligo però di rimanere a Roma ma l’improvvisa morte nel 1562 del fratello Federico (che era stato nominato sempre dallo zio Capitano generale della Chiesa) fu da lui interpretata come un segno da parte di Dio per riformare la propria vita ancor più in senso evangelico e così cambiò radicalmente vita (Humilitas divenne il suo motto).

Detto che il suo più grande merito fu aver convinto il Papa a riconvocare il Concilio di Trento (sospeso nel 1555), nel luglio 1563 fu ordinato dapprima sacerdote e poi vescovo, per poter diventare il pastore di anime nella sua diocesi di Milano che divise in 12 circoscrizioni, riorganizzando la vita e le attività delle parrocchie, obbligando i parroci a tenere i registri di archivio, sui quali tenere traccia delle varie attività e delle associazioni impegnate.

Da segnalare ancora che si impegnò molto nella formazione del clero con la creazione del seminario minore e maggiore (mentre il seminario minore offre un momento di ascolto e riflessione sulla propria chiamata e volontà di consacrazione, quello maggiore è il primo vero passo verso il discernimento vocazionale ndr) e che fu instancabile nel visitare le popolazioni affidate alla sua cura pastorale e spirituale, incontrò difficoltà e talvolta anche ostilità (vedi attentato del 26 ottobre 1569 a opera di quattro frati dell’Ordine degli Umiliati – uno gli sparò mentre era in preghiera nella sua cappella privata ma lui rimase illeso miracolosamente).

Di stretta attualità, purtroppo, vista la non ancora conclusa pandemia da Corona Virus, alias Covid 19, il suo comportamento in occasione della peste del 1576, quando, assente dalla città di Milano perché in visita pastorale, rientrò immediatamente, mentre il governatore spagnolo e il gran cancelliere erano in fuga; di seguito organizzò l’opera di assistenza, visitò personalmente e coraggiosamente i colpiti dal terribile morbo e aiutò tutti instancabilmente.

Da ricordare come, nonostante questa intensa attività pastorale, San Carlo Borromeo fece quattro viaggi a Roma e quattro a Torino, dove la sua storia incrociò quella  della Sacra Sindone alla quale era molto devoto e proprio nel 1578 i duchi di Savoia la portarono a Torino perché al vescovo di Milano, che aveva chiesto di venerare personalmente il Sacro Lino, fosse risparmiato il difficoltoso nonché periglioso attraversamento delle Alpi (questo il motivo ufficiale), anche se, leggendo fra le righe a livello politico, lo scopo fu di difendere la Sindone stessa dal desiderio targato Francia di portarla Oltralpe.

San Carlo Borromeo (o meglio il futuro santo visto che la canonizzazione risale al 1610 da parte di Paolo V), morì il 3 novembre del 1584 a Milano (dove era giunto il 2 novembre) ma il suo culto si diffuse rapidamente; essendo spirato dopo il tramonto (precisamente intorno alle 20.30), secondo l’uso del tempo venne considerato il giorno 4 novembre che divenne quello della sua ricorrenza.

San Carlo Borromeo zona del Lago di Como e fake news, a base di polenta: secondo recenti ricerche, la polenta sarebbe stata tenuta a battesimo dai mugnai comaschi, come citato in un atto notarile del 1511. In questo e altri documenti dell’epoca il mais era chiamato frumento carlone, trent’anni prima che nascesse san Carlo Borromeo, perciò l’etimologia del nome dialettale carlùn (utilizzato per indicare il granoturco nella Lombardia Occidentale) si può far risalire all’antico tedesco karl, aggettivo che significa grosso, da cui la denominazione di frumento grosso per indicare appunto il granoturco. Arrivato in zona, pare, il nuovo prodotto nei secoli XV-XVI, a cura di mercanti tedeschi che davano le pannocchie come merenda alle bestie. Il tentativo di macinarlo e a farlo cuocere diede vita alla polenta che oggi conosciamo. Le denominazioni sopra citate (quali frumento carlone e carlùn) e l’epoca nella quale si diffusero (antecedente come detto alla nascita di Carlo Borromeo) non sminuisce la poesia della leggenda (o credenza) secondo la quale sarebbe da attribuire al futuro Santo la diffusione del granoturco in terra lombarda; il mais, secondo questa, dapprima velenoso sarebbe stato reso commestibile da lui, impietosito dalla gente comune sofferente in un periodo di carestia.
Quello che affermano alcune fonti è come sia stato suo il merito aver incrementata la coltivazione del mais nelle zone ove svolgeva la sua predicazione e il suo officio.

Da segnalare, da ultimo, ad Arona, la città natale, il Colosso di San Carlo Borromeo, ovvero statua letteralmente colossale: alta 23,5 metri e ubicata (ça va sans dire) in località di San Carlo, sul Sacro Monte, fu realizzata, in rame e granito, tra il 1624 e il 1698 su disegno di Giovanni Battista Crespi (pittore, scultore e architetto).

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