Romani e astronomia: quale rapporto?

Romani

Romani e astronomia: cultura riflessa?

Romani e astronomia, rectius, antichi romani, Roma e scienza di Urania, come, quando e perchè: vediamo insieme i dettagli di questo rapporto secolare.

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Romani che, dopo la conquista della penisola greca, fecero propria la cultura ellenica e la assimilarono, come fecero con tutti gli altri popoli che conquistarono durante la propria lunga espansione
militare. L’astronomia e la mitologia non fecero eccezione a questa regola di assimilazione culturale.
Per quanto riguarda la mitologia vale la pena di ricordare l’opera di vari autori latini: Germanico Cesare (I secolo d.C.) che tradusse i Fenomeni di Arato, Marco Manilio (I secolo d.C.) autore
dell’opera Astronomica, Ovidio (I secolo d.C.) con le Metamorfosi e i Fasti ed infine Igino (II secolo d.C.) che scrisse l’Astronomia Poetica e le Favole: furono opere che ripresero astronomia
e mitologia greca, seppure con innovazioni e adattamenti.

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Molto interessante fu anche l’uso delle costellazioni e delle principali stelle nel campo dell’agricoltura. Numerose furono, infatti, le opere intitolate De rustica o De re agricola, dall’epoca di Marco Prozio Catone (III secolo a.C.) fino a Lucio Giugno Clumella (I secolo d.C.).
L’argomento fu tratta anche da Publio Virgilio Marone, autore dell’Eneide. In queste opere era sottolineata l’importanza di osservare il sorgere e il tramontare dei principali gruppi di stelle, per poter così dare il via ai lavori agricoli. Anche se con vari errori, dovuti al fatto di aver adottato la posizione delle stelle tramandate dai greci senza tenere conto della differente latitudine e della precessione degli equinozi, questi lavori dimostrano comunque una grande attenzione per l’astronomia, anche se utilizzata principalmente da un punto di vista pratico.

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Ma grandi sorprese può riservare, per lo studio di astronomia e cosmologia, l’opera di Tito Lucrezio Caro (I° secolo a.C.) De rerum natura, la natura delle cose: è suddivisa in sei libri, dai quali
emerge la visione del mondo secondo la filosofia epicurea (dal nome del filosofo Epicuro greco vissuto nel IV secolo a. C.) che vedeva il fine della vita nel raffinato godimento di quanto in questa
potesse recare piacere. E l’osservazione della natura e dei suoi fenomeni rientrava sicuramente nei piaceri della vita.
Alcuni passi dell’opera di Lucrezio hanno ancora una validità attuale: per quanto riguardava il concetto di un universo, Lucrezio, non riteneva importante in quale zona del cosmo un essere umano si trovasse. In qualunque luogo si fermasse, infatti, l’universo stesso sarebbe stato ugualmente infinito in ogni direzione.
Per quanto riguardava il Sistema Solare, Lucrezio, sosteneva che la Luna risplendesse riflettendo i raggi del Sole e che, di giorno in giorno, rivolgesse maggiormente la sua luce al nostro sguardo,
quanto più si allontanava dalla sfera solare. Fino a quando, opposta all’astro del giorno, rifulgeva di pieno splendore e, levandosi alta sull’orizzonte, assisteva al suo tramonto. Poi cominciava a ritirarsi
a poco a poco e quasi nascondeva la propria luce, quanto più si avvicinava alla fiamma del Sole stesso. Da ciò si poteva dedurre che la  Luna fosse simile a una sfera, e che compisse il suo corso a un livello
più basso del Sole medesimo.

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