Galileo Galilei e pur si muove!

Galileo Galilei

Galileo Galilei e la nascita del metodo scientifico

Galileo Galilei nacque a il 15 febbraio 1564 a Pisa e all’età di 17 anni si iscrisse alla facoltà di Medicina della sua città natia: i costi per sostenere gli studi erano però troppo alti e così dovette abbandonare l’ateneo senza aver conseguito la laurea ma rientrato a casa continuò a studiare. Nacque così la sua passione per la meccanica e cominciò a costruire macchine sempre più sofisticate, tra cui la bilancia idrostatica: queste scoperte gli dischiusero, nel 1589, le porte dell’università di Pisa, dove divenne lettore di matematica nell’Ateneo, che quattro anni prima gli aveva rifiutato una borsa di studio.

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Nel 1592 ottenne la cattedra di matematica all’università di Padova, dove rimase per 18 anni, compì i suoi più celebri studi sulla meccanica e inventò altri strumenti scientifici (ad esempio il termoscopio, il precursore del termometro).
Galileo era un copernicano convinto e lo testimonia uno scambio epistolare del 1597 con Keplero. Nel 1609 costruì il suo primo telescopio ed il 21 agosto invitò gli esponenti del senato veneziano a esaminare il proprio strumento sul campanile di San Marco: lo strumento fu poi donato al senato della Serenissima, che gli raddoppiò prontamente lo stipendio, per favorire le sue ricerche. I senatori veneziani, infatti, compresero subito l’importanza di questo nuovo strumento
ottico per la navigazione. Galileo iniziò quindi a perfezionare il proprio cannocchiale (il primo che aveva costruito ingrandiva solo 9 volte gli oggetti osservati).
Le sue prime osservazioni celesti furono riportate nel Sidereus nuncius, pubblicato nel 1610, dove in 24 pagine descrive, con dovizia di particolari, le osservazioni effettuate, che rivoluzionarono l’astronomia. La Luna, ad esempio, aveva una superficie irregolare, coperta di depressioni, montagne e profonde vallate. Il telescopio, oltre ad ingrandire gli oggetti osservati, faceva aumentare, in modo notevole, il numero di stelle normalmente osservabili ad occhio nudo (per esempio l’ammasso stellare delle Pleiadi aveva mostrato all’occhio dell’osservatore toscano altre 36 compagne oltre alle sette visibili senza l’ausilio di strumenti ottici). La striscia biancastra che solcava il cielo, conosciuta come Via Lattea, era formata da una miriade di stelline. Nella zona detta della spada nella costellazione di Orione, si trovava un oggetto dall’aspetto nebulare. Il pianeta Giove possedeva quattro satelliti che gli ruotano attorno: un’affermazione, quest’ultima, che minava alla base le tesi cosmologiche aristoteliche, fondate sul mondo immutabile delle sfere.

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Galileo Galilei e le sue osservazioni di  provocarono, naturalmente, grande scompiglio negli ambienti accademici ed ecclesiastici. Nei giorni fra il 24 ed il 25 aprile del 1610 fu invitato a Bologna, per mostrare gli oggetti celesti, che potevano essere osservati con il suo telescopio, a un gruppo di illustri studiosi.
Il matematico Clavius negò di averli visti, mentre i due professori di filosofia dell’università di Padova Cremonini e Libri si rifiutarono di apporre l’occhio al telescopio. Nonostante queste resistenze,  le osservazioni di Galileo proseguirono e mostrarono altre immagini rivoluzionarie: sulla superficie solare si trovavano macchie di colore scuro; il pianeta Venere aveva le fasi al pari della Luna, quindi anche Venere ruotava intorno al Sole. A questo punto il sistema aristotelico era superato e si doveva scegliere fra quello di Tycho Brahe e quello di Copernico; di ciò si erano convinti anche i Gesuiti che costituivano l’avanguardia intellettuale della Chiesa e che accolsero l’astronomo toscano a Roma per ascoltare le sue teorie.

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Galileo Galilei frattanto nel settembre del 1610 aveva assunto la carica di matematico e filosofo capo presso la corte dei Medici a Firenze, ma le resistenze degli aristotelici, nemici di una novità che minava i propri privilegi accademici, si faceva, giorno dopo giorno, più forte e decisa. Per quanto riguardava la discordanza fra le Sacre Scritture e ciò che veniva mostrato dal telescopio, Galileo affermava che certe affermazioni bibliche erano state scritte in modo semplice per essere comprese da tutti e ancora, che nel caso in cui le scoperte si fossero poste in contrasto con la Bibbia, quest’ultima avrebbe dovuto necessariamente essere reinterpretata: erano queste, però, affermazioni molto pericolosi e, insieme ad altre, vennero enunciate da Galileo, a difesa delle proprie teorie, in due lettere datate 1612 e 1613 inviate a Padre Benedetto Castelli (matematico all’università di Pisa) e alla Granduchessa Cristina di Lorena, madre del Duca Cosimo De’ Medici.
Il contenuto delle lettere passò al vaglio di Padre Lorini del convento dei Domenicani di San Marco, che denunciò la gravità delle affermazioni di Galileo, ma la denuncia non fu presa in considerazione dal Sant’Uffizio. Dopo questo avvenimento, nel novembre del 1615, entrò in scena Tommaso Cacini che, già nel dicembre del 1614, si era scagliato in una predica, tenuta nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, contro Galilei ed i suoi seguaci. Anche Cacini denunciò l’astronomo toscano, ma gli incartamenti della denuncia rimasero presso la santa inquisizione per 18 anni, mentre Galileo beneficiava dell’amicizia di Papa Urbano VIII e di molti cardinali, che lo poneva al riparo da brutte sorprese. Del suo caso si occupò, comunque Roberto, Cardinal Bellaramino (che
aveva fatto parte del consiglio che aveva condannato al rogo Giordano Bruno nel 1600): questi invitò Galileo alla prudenza e a non sostenere le tesi copernicane. Frattanto il libro di Copernico veniva messo all’indice in attesa di accertamenti: secondo la Chiesa, le teorie dello studioso polacco si sarebbero potute utilizzare per meglio spiegare alcuni aspetti dell’astronomia, ma non avrebbero potuto essere difese e considerate vere. Galileo, frattanto si occupava degli studi sulle maree e sulle comete.

Il conflitto con la Chiesa, rimaneva per il momento allo stato latente, ma sarebbe esploso nel 1630 con la pubblicazione del Dialogo sopra i Massimi Sistemi. In questa opera, i protagonisti sono tre personaggi: Salviati, brillante pensatore (che è il portavoce di Galileo), Sagredo, personaggio dotato di grande intelligenza, ma poco efferato in astronomia, e Simplicio che ricopriva la parte di strenuo difensore del sistema tolemaico. Il Dialogo è suddiviso in quattro giornate:

  • la prima dedicata a confutare la concezione aristotelica del cosmo;
  • nel corso del secondo giorno scoppia la battaglia nella lotta pro e contro il sistema copernicano e Salviati confuta tutte le affermazioni a favore della staticità della Terra, con l’utilizzo di argomentazioni tratte dalla fisica terrestre;
  • la terza giornata è dedicata alla dimostrazione della superiorità del sistema astronomico copernicano;
  • la quarta ed ultima giornata alla presentazione dello studio sulle maree che vengono spiegate in base all’inclinazione dell’asse terrestre e le variazioni mensili nella velocità del moto di rivoluzione terrestre introno al Sole: una teoria, quest’ultima che, in definitiva, smentiva nuovamente le asserzioni aristoteliche di una Terra immobile al centro dell’Universo.

Il libro veniva pubblicato nel febbraio del 1632 e nell’agosto dell’anno successivo, veniva confiscato e, a Galileo, veniva ingiunto di presentarsi a Roma davanti alla Santa Inquisizione: il 12 aprile del 1633 avveniva il primo interrogatorio e l’accusa era di aver sostenuto, insegnato e difeso la teoria di Copernico. Galileo Galilei, ormai settantenne e debilitato nel fisico, ebbe paura ed abiurò la propria tesi.

Il 22 giugno dello stesso anno veniva condannato e queste le sanzioni irrogate:

  • proibita la stampa e la diffusione del Dialogo;
  • Galileo sarebbe dovuto rimanere in prigione per tutto il tempo che sarebbe piaciuto al Sant’Uffizio;
  • per tre anni avrebbe dovuto recitare una volta alla settimana, i sette salmi della penitenza.

La prigione si rivelò, però, poco più di un semplice soggiorno nella villa del granduca di Toscana a Trinità dei Monti, a cui seguì un periodo trascorso nel palazzo dell’arcivescovo di Siena: poi tornò alla sua casa di Arcetri, dove trascorse gli ultimi anni della sua esistenza.

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